E’ molto semplice, un unico vano, nel quale, superati due gradini, si apre il presbiterio.
L’altare, leggermente arretrato, è decorato con intarsi a fiori e disegni arabescati, così come la balaustra. La parte superiore e il tabernacolo sono dorati. Dietro, sulla parete, in una grande cornice dorata, un buon dipinto che raffigura La Trinità con i SS. Rocco e Bernardo con la presenza di un donatore, forse un Pina-Rondi della ricca famiglia locale che aveva interessi anche a Venezia.
L’opera, anche se in passato assegnata a Palma il giovane o a scuola veneta, è forse più vicina all’ambito cremonese di Bernardino Campi. Sullo sfondo notiamo una città che si ispira a Roma, ma il tutto è dominato da una città murata che è chiaramente Bergamo alta con le mura venete. Il pittore è verosimilmente bergamasco, degli inizi del ‘600, fortemente influenzato dalla pittura veneta ma legato anche alla cultura cremonese.
Interessanti sono i paliotti dei due altari posti sulle pareti a sinistra e a destra del presbiterio, dipinti con fiori e frutti.
Sopra l’altare di sinistra troviamo un’altra bella tela Madonna in gloria, i SS. Giovanni Battista e Caterina e due devoti, un uomo e un bambino (sempre della famiglia Pina-Rondi?). In antico era considerata opera del Salmeggia perché sulla ruota, attributo di S. Caterina è leggibile una sigla “AE.A” interpretata come “Aeneas Salmetia”. La critica recente riconduce l’opera ad un ambito veneto (tintorettesco-veronesiano, secondo Francesco Rossi). Se le figure dei due santi sono riconducibili a Paolo Veronese, la gamma cromatica si avvicina al Cavagna e quindi all’ambiente artistico bergamasco: l’autore potrebbe essere un artista che si muove tra il Veneto e la Lombardia.
Sulla parete opposta vi è una tela settecentesca d'autore ignoto, riconducibile forse a Marziale Carobbio (figlio del pittore Giovanni), con raffigurati S. Giuseppe, S. Luigi e un Santo.