Le fonti storiche

Nell’aprile 1752 fu posta la prima pietra per la costruzione della chiesa, che sorse occupando parte del brolo, la casa dell’arciprete e la vecchia chiesa, la cui esatta ubicazione non è però mai stata accertata. Di questa antica parrocchiale sorta nell’ottavo secolo, più volte modificata, rimane una serraglia (chiave di volta del portale) con la data 1424. Alla costruzione della nuova chiesa concorse con generosità tutta la popolazione. Secondo la  radizione, lungo il torrente Carso si cavarono le pietre che una catena umana spostava fino alla piazzetta di S.  aria in Borgo da dove partiva un piano inclinato che raggiungeva il cantiere. Nei pressi fu attivata anche una  ornace che serviva per cuocere mattoni ottenuti con terre argillose estratte nella zona di Viana. Tutti questi lavori erano in parte effettuati gratuitamente dalla popolazione. Nel frattempo funse da parrocchia S. Maria in Borgo. Aperta al culto nel 1777, la chiesa fu consacrata il 16 maggio 1790 dal Vescovo Giampaolo Dolfin e dedicata a S. Martino Vescovo.

La costruzione

È una struttura imponente che domina su tutto l’ambiente circostante. Il progetto fu dell’architetto Luca Lucchini, pressoché sconosciuto: forse originario di Lugano, morì nel 1791. Difficile è stabilire quale ruolo abbia avuto, in quanto le fonti ricordano che egli copiò il disegno della arcipresbiterale di Morbegno (Sondrio). L’impianto è simile, anche se vi sono alcune diversità sostanziali fra le due costruzioni, come le cupole esistenti nella nostra.

Il materiale utilizzato è costituito principalmente da pietra locale e mattoni. Furono inoltre utilizzate enormi pietre squadrate, ricavate dagli edifici abbattuti ed inserite lungo la base e negli spigoli. Il campanile fu innalzato nel 1806, mentre la facciata fu completata nel 1821 su progetto forse di Girolamo Salvatore Lucchini. La facciata, suddivisa da una serie di lesene e da due cornicioni orizzontali, è in tre ordini. Nel primo vi è il portale d’ingresso con protiro costruito nel 1879. Ai due lati, in quattro nicchie sono poste le statue dei santi Fulgenzio, Agostino, Simpliciano, Tommaso da Villanova. Nel secondo ci sono una grande finestra sormontata da un timpano curvilineo e due nicchie laterali con i santi Nicola da Tolentino e Giuliano; più esterne, sul cornicione, le statue delle sante Monica e Chiara. Il terzo ordine è costituito dal timpano triangolare sormontato da una croce. Le statue, del 1820, sono dello scultore Nicola Pirovano.

L’interno

L’edificio, assai sobrio nell’insieme, è luminoso e ricco di lesene, pilastri, colonne, cornicioni, rientranze,  ecorazioni, stucchi, il tutto con grande equilibrio. La pianta, ad una sola navata, è a croce greca: quattro bracci della medesima lunghezza formano all’incrocio un ampio transetto coperto dalla grande cupola. Il vasto  resbiterio, sotto il quale si apre una cripta (lo scurolo), è sopraelevato da sette gradini e coperto dalla cupola piccola. Alle estremità laterali si aprono le grandi cappelle: quelle della Madonna del Rosario e, di fronte, quella di S. Bonifacio che custodisce dal 1806 la reliquia del santo. Negli spazi che collegano i vari bracci sono  ollocate altre cappelle minori: a sinistra, di S. Giuseppe e del Crocifisso; a destra, di S. Luigi e della Madonna del Carmine o Suffragio dei Morti. Di fianco all’ingresso, sempre a sinistra, il battistero seicentesco e, di fronte, la piccola cappella con la statua della Madonna Addolorata. Attualmente, ai piedi del presbiterio, è stato posto su una pedana, secondo i dettami postconciliari, un altare che viene utilizzato nelle celebrazioni sacre. L’altare  aggiore con le statue dei SS. Pietro e Paolo è della prima metà dell’ottocento, mentre il coro, in legno di noce intagliato, è della fine del XVIII secolo. Numerose sono le opere pittoriche; da notare, entrando a sinistra: Sacra Famiglia del 1898, di Ponziano Loverini (Gandino 1845-1929); Vergine in gloria col Bambino e i santi Domenico, Martino, e Caterina e i Misteri del Rosario del 1611, altre tele minori con la Vita di Maria e Cristo crocifisso, i santi Bernardino e Francesco e un donatore del 1615, del pittore nembrese Enea Salmeggia detto il Talpino (Salmezza 1565 ca.-Bergamo 1626).

Nel presbiterio Convito di Baldassarre e Mosè fa zampillare l’acqua dalla roccia di Antonio Cifrondi (Clusone 1656- Brescia 1730); Madonna col Bambino, angeli e santi, tela datata 1777 di Giovanni Raggi (Bergamo 1712- 1793). A destra, nella cappella di S. Bonifacio, l’opera più antica: Ognissanti del 1490, attribuita secondo le fonti, ma non si è certi che si tratti della stessa opera, ai bresciani Antonio e Mattia Zamaris di Chiari. Studi più recenti la riconducono alla bottega dei Marinoni e ai primi decenni del XVI secolo. Le tele S. Andrea Avellino nella cappella di S. Giuseppe, Pietà nella cappella del Crocifisso, S. Giovanni Evangelista nella cappella di S. Luigi, sono attribuite a Mauro Picenardi (Crema 1735- Bergamo 1809).

Nella tazza della cupola piccola e nei pennacchi Padre Eterno in Gloria / Sacrificio di Mosè / Sacrificio di elchisedec / Sacrificio di Abramo / Sacrificio di Gedeone di Giuseppe Antonio Orelli (Locarno 1706-1775); pare che anche il figlio Vincenzo Angelo Orelli (Locarno 1751-Bergamo 1813) abbia lavorato per la chiesa. La Via Crucisè di ambito bergamasco ad esclusione di una tela, la seconda: Caduta di Cristo, eseguita dal nembrese Marcello Bonomi nel 1970. Altre opere sono degli artisti ottocenteschi Giuliano Volpi, Giovanni Pezzotta, Giuseppe Carnelli. Nella sacrestia Madonna col Bambino in trono e i santi Bernardino e Diego(?) di Giacomo Cotta (Gorlago 1627-Bergamo 1689), Pietà di Carlo Ceresa (S. Giovanni Bianco 1609-Bergamo 1679).

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