Salta al contenuto principale

#onesecfrommusicvideos: mostra fotografica di Marco Colombi

Photography, video, time and visual perception

Data inizio :

4 dicembre 2025

Data fine:

10 gennaio 2026

#onesecfrommusicvideos: mostra fotografica di Marco Colombi
Municipium

Cos'è

#onesecfrommusicvideos

Photography, video, time and visual perception

mostra fotografica di Marco Colombi

Biblioteca Centro Cultura "Tullio Carrara"
da giovedì 4 dicembre 2025 a sabato 10 gennaio 2026

Inaugurazione: giovedì 4 dicembre - ore 18.30
Interviene l'artista. Letture a cura di Romina Alfieri.

 

Il rapporto fra la fotografia e la musica è tutto giocato su sottili quanto tenaci legami emotivi perché la prima è, almeno all’apparenza, silente e la seconda così eterea da sfuggire a ogni dimensione rappresentativa. A lungo le due espressioni si sono cautamente studiate trovando un temporaneo punto d’incontro quando i fotografi più che la musica hanno ripreso i suoi interpreti. Poteva apparire un ripiego ma non è sempre apparso tale se ci si accontentava, come si è fatto, dell’aspetto antropologico e di quello documentaristico. I cantanti fotografati in teatro o in studio con i costumi di scena nei primi del Novecento mostravano posture e atteggiamenti che ancor oggi bene illustrano le loro epoche mentre bisogna attendere gli anni Trenta perché il grandissimo ritrattista tedesco August Sander dedicasse un intero capitolo del suo monumentale “Uomini del XX secolo” a compositori, strumentisti e perfino musicisti di strada con immagini fortemente evocative. L’avvento di fotocamere maneggevoli e di pellicole più sensibili fa nascere un vero e proprio settore di fotografia di scena ancora molto ancorato, però, all’estetica teatrale. È con la fotografia di jazz che le cose cambiano per lo stretto legame che si crea fra i musicisti e i fotografi non più visti come intrusi ma complici del comune operare nervoso, sincopato, incurante della precisione dei dettagli. Da par suo la musica segue un interessante percorso che intende andare oltre la rappresentazione dei suoi protagonisti. Dapprima si interviene sulle copertine dei dischi (sintomatico è il caso dei Beatles che passano da quelle iniziali con i loro volti alla rivoluzionaria astrazione di “The White Album” del 1968) poi in un interessante crescendo si approda al rapporto con i videoclip. Il rapporto con il cinema aveva portato a un discreto successo: basterebbe ricordare i film con la coppia Fred Astaire-Ginger Rogers o, su livelli più modesti, i cosiddetti “musicarelli” ma in tutti questi casi manca totalmente una riflessione sui linguaggi fotografici. Quando nascono i videoclip tutto cambia perché l’intenzione è quasi sempre quella di abbandonare la semplice rappresentazione per dare spazio all’emotività ottenuta agganciando l’immagine all’evocazione e pazienza se ai musicisti capita di contaminare la loro immagine con quella di altri inaspettati protagonisti.

Affrontando questo complesso tema, Marco Colombi arriva avvantaggiato dal suo sguardo contemporaneo quando cioè, come si è detto, la fotografia e la musica hanno già trovato un interessante punto dialettico di incontro. Questo, dunque, ha posto all’autore una ulteriore affascinante sfida: da una parte si è trattato di caratterizzare con un preciso stile personale un progetto decisamente ambizioso come questo, dall’altra di cercare un punto di equilibro capace di far emergere nella stessa misura la forza sintetica dell’immagine fissa e la analitica di quella in movimento. Il punto di partenza scelto dall’autore non è però tecnico – considera questo aspetto, come è giusto, solo un mezzo per raggiungere il suo scopo espressivo – ma legato alle considerazioni più generali sulle modalità di fruizione dei videoclip musicali perché da quelle immagini noi siamo letteralmente attraversati da un flusso pressoché continuo. Non lo ha considerato, come molti, un limite ma lo ha coltivato come un’opportunità che gli si presentava e attorno a questa ho costruito un vero e proprio progetto visivo di sorprendente impatto. Il fascino di questo risultato risiede anche nell’importante ruolo giocato dal caso che Colombi ora ha governato ora ha lasciato agire con la curiosità di chi sa bene quanto sia importante talvolta trascurare la dimensione razionale per dare spazio a quella che vibra su altri livelli. Osservando i risultati si rimane colpiti da certi sguardi che ti fissano da chissà dove con una determinazione spiazzante, da certe esplosioni cromatiche di squillanti gialli, rossi, blu che disdegnano le sfumature come succede quando la musica sa imporsi con decisione. Ovviamente in queste sequenze non va ricercato un percorso cronologico, logico o solo descrittivo perché a dominare è l’aspetto emozionale e, infatti, si può dire che siamo di fronte a fotografie che urlano. Capita di cercare un volto, una forma, un movimento, un gesto ma appena si crede di averlo scorto, ci appare trasfigurato: una donna aggrappata a una catena si cala in una bocca socchiusa o forse ne emerge, un corpo si sdoppia in un’aspettata simmetria che evoca le macchie di Rorschach, di un altro si intuisce la nudità sottile, di un terzo la creazione di accostamenti grotteschi. Tanti sono gli sguardi che sembrano osservarci anche se probabilmente fissano un punto all’infinito, molti i corpi deformati dai movimenti, belli nella loro inquietudine, i bianconeri che appaiono all’improvviso a interrompere l’inseguirsi e il sovrapporsi dei colori. Marco Colombi non si ferma solo sulla spettacolarità dell’aspetto estetico ma analizza il rapporto fra tempo e spazio lavorando con particolare attenzione sulla rappresentazione del movimento. In tal modo invita l’osservatore a porsi su un doppio binario percettivo, quello che si sofferma emotivamente sul movimento proposto dal video e quello che indaga razionalmente sul concetto di tempo nello statuto del linguaggio fotografico. Ed è così, mentre ci lasciamo andare a queste visioni senza necessariamente privilegiarne qualcuna che ci era piaciuta ma che è subito scomparsa, ci accorgiamo che stiamo osservando le immagini con lo stesso atteggiamento con cui ascoltiamo la musica facendo, cioè, in modo che le une e l’altra ci attraversino lasciandoci una strana sensazione che sta in perfetto equilibrio fra la sorpresa e il piacere. Che, a pensarci bene, è esattamente quanto proviamo ascoltando per la prima volta una musica che solo più avanti ameremo, vedendo delle fotografie che solo dopo averle ben osservate apprezzeremo.

Roberto Mutti

 

ROBERTO MUTTI
È storico e critico della fotografia, ha insegnato storia e linguaggio fotografico in diverse scuole,
attualmente è docente presso l’Accademia del Teatro alla Scala e l’Istituto Italiano di Fotografia di
Milano. In qualità di organizzatore e curatore indipendente, ha curato mostre di giovani
promettenti e di autori affermati come Fulvio Roiter, Mario Giacomelli, Gianni Berengo Gardin,
Ferdinando Scianna, Mario De Biasi, Mario Cresci, Occhiomagico, Maurizio Galimberti, Carlo Orsi,
Nino Migliori, Mario Dondero, Giuseppe Pino, Luigi Veronesi, Elio Ciol, Davide Mosconi, Folco
Quilici, Bohncheang Koo, Fabio Borquez, André Kertész. Ha collaborato con festival come
Savignano Immagini, Toscana Fotofestival, Foiano Fotografia di cui è stato per sette anni direttore
artistico, Nettuno Photo Festival, Ragusa Fotografia, Festival Fotografico Europeo, con gallerie
private e istituzioni pubbliche. Ha firmato oltre duecento libri fra saggi, monografie e cataloghi.
Giornalista pubblicista, dal 1980 scrive di fotografia sulle pagine milanesi del
quotidiano la Repubblica, ha collaborato con diverse testate di settore come
Fotografare, Photo Italia, Gente di fotografia, Il fotografo, Fotographia, la Clessidra, dirigendo dal
1998 al 2005 il trimestrale Immagini Foto Pratica. Direttore artistico del Photo Festival di Milano, è
consulente dell’Archivio fotografico della Fondazione 3M per cui cura e progetta mostre e iniziative.
Ha ricevuto i premi per la critica fotografica Città di Benevento (2000), “Giuseppe Turroni” (2007) e
Artistica Art Gallery, Denver, Usa (2011) e “Salvatore Margagliotti”, Trapani (2014). Vive e lavora a
Milano

 

Municipium

A chi è rivolto

A tutti gli interessati

Municipium

Date e orari

04 dic

18:30 - Inizio evento

10
gen

18:00 - Fine evento

Municipium

Costo

Gratuito

Municipium

Luogo

Biblioteca Centro Cultura

Piazza Italia, 24027 Nembro BG, Italia

Municipium

Punti di contatto

Biblioteca Centro Cultura "Tullio Carrara" : 035.47.13.70
Biblioteca Centro Cultura "Tullio Carrara" : biblioteca@nembro.net

Ultimo aggiornamento: 24 ottobre 2025, 12:09

Quanto sono chiare le informazioni su questa pagina?

Valuta il Servizio

Grazie, il tuo parere ci aiuterà a migliorare il servizio!

Quali sono stati gli aspetti che hai preferito?

1/2

Dove hai incontrato le maggiori difficoltà?

1/2

Vuoi aggiungere altri dettagli?

2/2

Inserire massimo 200 caratteri
È necessario verificare che tu non sia un robot